Ho avuto l’immenso privilegio di poter ascoltare questo giovanissimo autore dal vivo al Salone Internazionale del Libro di Torino, nell’Ottobre scorso.
Un ragazzo dall’aria dolce e smarrita, quella che mi pare accomuni i volti di tutti coloro che vivono lo sradicamento e la diversità.
A dire il vero non ho potuto ascoltare tutto l’incontro.
Simona, che aveva già letto il libro e da tempo me lo consigliava, ad un certo punto mi ha trascinata fuori perché l’intervista stava andando troppo oltre, svelando parti importanti della trama.
“Gli invisibili” di Pajtim Statovci, è un romanzo che potrei definire intenso, ma sarebbe solo un eufemismo.
E’ talmente intenso che prima di poterne parlare, occorre lasciarlo decantare.
Il protagonista assoluto è l’amore, un amore “sbagliato”, un amore che è costretto a nutrirsi di invisibilità.
Leggere Statovci è un’esperienza che fa vibrare l’anima, soffrire, sperare e ricadere nel dolore.
“Lui è un serbo, e io un albanese e per questo dovremmo essere nemici, ma ora, mentre ci tocchiamo, fra noi non c’è nulla di insolito o di estraneo…”
E’ tutto qui. C’è tutto in questo romanzo. Il dolore, la rabbia, la guerra, l’ingiustizia, l’assenza di vie di uscita. Ma sopra ogni cosa un amore profondo, così grande e puro che dovrebbe essere capace di mettere in salvo, ma poi non lo fa. Statovci scava, scava e scava ancora nelle viscere di chi lo legge.
Ed è proprio come se scrivesse con il sangue.
“Se il valore del sogno è nella capacità di sognare, che valore può avere un sogno che si è realizzato?”