Mercoledì 25 marzo 2020
Ciao Tu,
grazie che sei arrivata.
Ero davvero impaziente di leggerti, ma ora capisco perché tardavi a scrivere. Io al contrario, non so cosa mi prenda, ma appena arriva la notifica della tua mail vengo assalita dalla smania di risponderti subito, tante sono le cose che ho voglia di condividere con te.
Appena ho letto della tua ansia per il timore di non riuscire a trovare un farmaco, per te vitale, mi sono accorta che a questa eventualità, che venisse meno o che comunque diventasse più difficoltoso reperirlo, non avevo pensato. Ho avuto paura per te e mi sono anche arrabbiata con me stessa per non aver riflettuto sul fatto che, se da un lato poteva essere una bella notizia la sua efficacia nel combattere il virus, dall’altro poteva non esserlo altrettanto per il tuo stare bene di ogni giorno.
Nella tua ultima lettera ho trovato te nella tua forma più viscerale e autentica, la Fra che conosco, desiderosa di farmi stare bene, ma talmente sincera da non potermi tacere tutto ciò che la sta rendendo cupa e pensierosa. Ti confesso che da quando è tornato l’inverno faccio più fatica a sostenere che: ‘l’ottimismo è il profumo della Rita’. Lo so da sempre, ma ora più che mai mi accorgo che anche nel mio pensare positivo il sole ha una sua bella fetta di importanza.
Di sicuro queste giornate mi stanno insegnando ad apprezzare tutto il possibile. Dall’uccellino panciuto che si appoggia sul mio stendino, alle onde che il vento disegna nei prati che circondano casa mia. Sono le stesse onde che mi ipnotizzavano quando ero bambina a Predappio Alta e uno dei nostri giochi preferiti era proprio quello di rotolare distese, partendo dall’alto e poi di nuovo su, lungo colline e pomeriggi senza fine. Ed è davvero strano che mi accorga solo ora che il vento disegna sempre lo stesso tipo di onde e soprattutto che io non abbia più avuto tempo o modo di pensare a quanto siano belle.
Comunque, il motivo per cui ti scrivo è un altro. A maggio (perché dovrà pur arrivare anche maggio) festeggerò i miei primi due anni di lavoro a Bologna. Mi sono scoperta allora a pensare a quante domande, scrupoli e dubbi mi hanno riempito la mente prima di pronunciare il mio sì. Sicuramente alla base delle mie elucubrazioni c’era la solita onnipresente paura di non riuscire poi a dedicarmi nella giusta maniera a tutti quanti, familiari e amici. E alla fine forse è davvero successo che mi sia persa qualcosa per la strada, credo sia inevitabile, ma non le persone importanti, non gli affetti veri. E’ qualcosa in cui credo fermamente, ma di certo anche questa esperienza mi è servita per rafforzare la mia convinzione che davvero l’amore non si divide, si moltiplica e che si possono sommare cuori nuovi a quelli che già stanno occupando da tempo il tuo.
Lo dice anche Matteo Bussola e tu lo sai che io lo amo molto: “il cuore è come un grande armadio, ci sono dentro le persone che hai scelto, il ripiano dei baci, i cassetti degli abbracci, gli appendini degli sguardi, gli scaffali del bene e poi gli amori, che sono tanti”.
Ti starai chiedendo dove voglio andare a parare. Ecco ora ti spiego, una delle colleghe che ora accompagnano i miei passi lungo le strade di Bologna viene da Bergamo. Qualche sera fa mi ha spedito una sorta di lettera che lei aveva ricevuto a sua volta dagli amici che abitano ancora là. Posso dirti solo che quando l’ho letta, dopo aver asciugato gli occhi come sempre, ho dovuto scriverle immediatamente, solo per dirle: ma sei tu! Perché davvero conteneva la descrizione di lei. Allora oggi ve la voglio dedicare: a te, che da tempo lotti con forza contro il tuo amico invisibile rendendomi immensamente orgogliosa di esserti amica, e a lei che riempie le mie giornate lavorative di sorrisi, tanto amore e che mi ripete sempre ‘Rita tu riesci a rendere la fatica un immenso piacere’.
“A Bergamo impari fin da piccolo che “non ce la faccio” non si può dire, “non ci riesco” non esiste e “sono stanco” non è mai abbastanza.
Cresci così un po’ chiuso, con la convinzione di non essere mai all’altezza.
Ecco come li riconosci quelli di Bergamo, testa bassa e a lavorare.
I Bergamaschi sono così, ruvidi e schivi e dentro buoni e con il cuore tenero.
I Bergamaschi ci sono, sempre. Ci puoi contare.
Li puoi odiare ma se te ne innamori sei spacciato, sarà per sempre.
Piange Bergamo, senza far rumore, per non disturbare.
Gli occhi sono bassi e pieni di paura, ci sono solo ambulanze e silenzio.
Bergamo, non ti posso abbracciare ma tu non mollare proprio adesso.
Ricordi?
“Non ce la faccio” non si può dire.
“Non riesco” non esiste.
“Sono stanco” non è mai abbastanza.”
Lo so che ci eravamo dette, poi cambiamo anche argomento, ma io mi sono così commossa leggendola che non ho potuto fare a meno di risponderti utilizzandone una parte per fare un regalo a te. Vi scorgo comunque forza e tanta speranza e sto cercando di portare a mio vantaggio tutto ciò che mi può trasmettere positività, anche in mezzo alla tristezza.
“Non ce la faccio”, non si può dire.
“Non riesco” non esiste.
Voglio credere che uscita dall’esperienza di questo surreale isolamento, saprò farne tesoro e queste frasi diventeranno il mio mood . Intanto ti abbraccio così forte che sono quasi sicura riuscirai a sentirmi anche dalla tua sperduta campagna. Io aspetto sempre. Aspetto te.
Rita