Lettera 20 pensa a cosa puoi fare con quello che c’è

Martedì 23 giugno

Mia dolcissima Fra,

Il pensiero di ciò che voglio dirti oggi è nato guardando il mare in una stupenda baia del Gargano. Pochissima gente, un po’ perché è ancora bassa stagione, e poi anche a causa della paura che molti conservano, probabilmente, all’idea di muoversi. Ho trovato strutture chiuse e qualche viso preoccupato al pensiero di non riuscire a gestire l’estate, ma anche tanta pace. C’erano sì le mascherine, ma tutto sommato confinate all’interno di un quadro più accettabile e meno invadente di quanto avevo temuto.

Come ha scritto Selvaggia Lucarelli in un articolo di qualche giorno fa sul Fatto Quotidiano, la confusione sul tema mascherine è tale e tanta che vi è chi le indossa anche mentre fa snorkeling, e chi, al contrario, le ignora anche se decide di parlarti a dieci centimetri di distanza e gli mancano entrambi gli incisivi.

Comunque, ti dicevo, il pensiero di ciò che avrei voluto scriverti oggi per questo ciclo di lettere iniziato con il lock down è nato proprio lì, davanti ad un mare turchese, in una spiaggia semi deserta mentre mi facevo cullare dal rumore delle onde, uno dei pochi rumori capaci da sempre di riordinare il mio cuore e i miei pensieri.

Poi ho letto la tua lettera, mi hai dedicato parole bellissime e mi sono commossa. Hai saputo farmi sentire speciale anche stavolta, d’altronde non è mica un caso se io ti penso sempre come il mio “Trasformatore Segreto”. Insomma ti ho ascoltata con il cuore e ho sentito che condividere con te questo mio 2020 a ritroso partendo dall’inizio era esattamente ciò che ti volevo regalare.

Lo chiamerò l’anno degli abbandoni. Abbandoni che hanno scavato vuoti, certo non tutti allo stesso modo gravi e irrimediabili, ma piccole perdite, questo sì. Sono stata lasciata più volte, non fraintendermi, non lasciata nel senso comune del termine.

Ma partiamo dall’inizio.

La prima ad andarsene è stata la mamma a gennaio. Lei ha dato il via ad una serie di dolori che mi porterò dentro per sempre, perché anche se quelli arrivati poi possono sembrare meno gravi, per un cuore come il mio, di fatto fanno molto male. Dire che la mamma se ne è andata a gennaio non è proprio corretto. In verità mi aveva lasciata tanto tempo prima, lo sai bene anche tu, eppure il mio dolce involucro, come la chiamavo io, se ne stava comunque lì, seduta sul divano. Io arrivavo ogni giorno e lei era lì e poi ad un certo punto non c’è stata più.

Quasi contemporaneamente un dolore diverso mi ha attraversata perché Alessandro, un collega a cui voglio un bene esagerato e con il quale ho condiviso viaggi, da e verso la stazione, e scalini sulla Freccia, ha cambiato sede. Ero felice per lui, ma ho provato per me una tristezza infinita. Mi è mancato da un giorno all’altro il suo prendermi in giro dolcemente, per ogni cosa. Mi faceva sorridere anche quando avrei solo voluto piangere. Pensa che dal diverso rumore delle dita sui tasti riusciva a capire, nonostante mi volgesse la schiena, che stavo scrivendo a lui. E poi era il mio personal trainer, arrancavo sui miei tacchi per tentare di tenere il ritmo delle sue gambe giovani e lunghe senza fare un lamento per evitare che mi desse della “vecchia”, e così facendo ero riuscita a perdere pure qualche chiletto (ora tutti abbondantemente ripresi).

Continuo a sentirlo, ovvio, non me lo dimentico mica, però mi manca.

Poi, due delle mie più care amiche di Bologna hanno cambiato ufficio. Non ridere, non se ne sono andate tanto lontano (Via Farini e ufficio a fianco), ma quel tanto che basta per non consentirmi di incrociare i loro occhi ogni giorno. Sento l’assenza del sostegno di Monica alla mia sinistra, mi manca quello sguardo profondo che ci bastava e in cui c’era dentro tutto il necessario per capirsi senza parlare. E poi sapere che mi sarebbe stato sufficiente alzare la testa sopra lo schermo per vedere il viso bellissimo di Carmen di fronte a infondermi serenità, era la mia gioia del mattino.

Ci sentiamo sempre e le porto nel cuore in ogni istante, ma quello spazio che era occupato dalla loro presenza fisica quando tornerò a Bologna (perché ci tornerò vero??) non sarà mai più lo stesso e mi mancano spesso così forte che non riesco a trattenermi dal dirglielo.

Diventerò pesante, me lo sento, con questo mio modo di essere sentimentale e per colpa di questo mio cuore che riesce a sciogliersi per ogni addio anche quando addio sul serio non è. Ma mi vogliono bene, mi terranno così come sono.

Proseguendo con questo strano anno, poi ci hanno rinchiuse in casa e tutto quello che credevamo di poter fare, tutto il tempo che pensavamo di avere, improvvisamente non erano più una possibilità. Un esempio? Vedere te: “Dai ci vediamo, non questa la prossima perché sono un pochino incasinata” e poi? Non si poteva più.

Per questo mi sono tanto emozionata quando finalmente ho potuto raggiungere la tua piccola (grande) casa nella prateria, che conteneva tra l’altro tutto lo splendore di Lucia. Perché mi sei mancata da morire. E’ vero, ci vediamo poco in generale perché la vita è fatta di tanti impegni, ma non poterlo fare perché vietato ha acuito la sensazione. Mi sono mancate tante persone, alcune le ho recuperate nel mio cuore proprio grazie alla distanza, ritrovandole dopo anni di silenzio. E poi ho amato tanto da lontano anche chi forse non ricorda nemmeno più il mio nome. Non importa, l’amore non è mai sprecato e resta nell’aria, lo abbiamo sempre detto, vero Fra?

E insomma, se è vero che il 2020 nella sua prima parte lo ricorderò come l’anno degli abbandoni so anche mi riserverà momenti stupendi. Lo so perché per ogni cosa che finisce da qualche parte ce n’è una che inizia ed io davvero ne sto già avvertendo il rumore.

E poi, come dice Hemingway “ora non è tempo di pensare a ciò che non hai, pensa a ciò che puoi fare con quello che c’è”.

E c’è tanto nella mia vita, c’è tutto! E in questo tutto ci sei certamente anche tu.

Quindi Fra, ora passo, ma di certo non chiudo. Posso assicurarti che farò il possibile per tenerti nella mia vita per sempre e per restare dentro, ma proprio dentro alla tua, senza abbandonarti mai.

Ti voglio bene

Rita

p.s. Mi sono fatta il tatuaggio per ricordare a me stessa il mio impegno alla serendipità.

p.p.s. Qualche sera fa ho visto mille lucciole, erano anni che non mi succedeva di averne così tante in regalo.

p.p.p.s. Una cosa è certa, il virus non mi ha per nulla cambiata. Non so se questo sia un bene oppure no, ma sono sempre la stessa gattara sentimentale che si commuove ad ogni soffio di vento, anche quando è solo il polline a volare nell’aria.

p.p.p.p.s. E non temere, lo troveremo sempre il modo di splendere, comunque.

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