Un ricordo non muore mai, si addormenta.
Poi, un mattino e senza alcun motivo apparente, si risveglia.
Lo fa mentre tu sei intenta a tutt’altro, con la frenesia di sempre, quella dei tuoi “sono in ritardo”, dei tuoi “oddio non ce la faccio”.
E all’improvviso è lì, senza che tu possa fare nulla per evitarlo. Trotterella verso di te tutto vispo e desideroso di farsi notare.
Allora provi a spostarlo di lato, nell’angolo in alto a destra della tua mente, quello in cui hai scelto di far riposare ciò che non riesci ancora a decifrare.
Niente, non funziona.
I casi sono due.
Può essere che il cassettino dei “ci penso più avanti” e “ancora non ho deciso cosa fare”, sia decisamente troppo pieno e lui non riesca a trovare spazio. E sai che questa è una possibilità, perché non puoi nasconderti di averlo stipato davvero troppo negli ultimi anni, come se fossi priva della forza o del coraggio che servono per venire a capo di certi pensieri e districarli, una volta per tutte.
Oppure è proprio lui, il ricordo, ad essere particolarmente ribelle. Potrebbe anche aver intuito che se si lasciasse posizionare in quel punto lì, in alto a destra, non gli resterebbe che riaddormentarsi, fino al prossimo risveglio. E non ci sta. Allora ti solletica, ti distrae e ti scuote con una insistenza tale che non ti resta che assecondarlo.
Cedi, e arrivi lì, ad una voce che legge un capitolo di un libro bellissimo con tenerezza e passione.
Legge per te, come giura di non aver mai fatto prima per nessuna al mondo.
Gli credi.
Legge a te, come nessuno al mondo ha mai fatto prima. Glielo dici.
Ti crede.
E ora? Cosa farsene ora di questo ricordo che ti disturba e che avresti voluto dormisse per sempre ben nascosto fra i tuoi pensieri ingarbugliati?
Lo guardi con tenerezza, lo accarezzi.
“Dimmelo, che me ne faccio di te ora che ti sei svegliato?”
Sale improvvisa dal centro del petto un’onda anomala di rabbia e dolore. Per non aver capito. Per non essere stata capita. La sensazione è quella di un tappo, quando lo togli da una bibita gasata dopo averla scossa.
Dura poco per fortuna.
Ti acquieti, provi a calmare anche lui rassicurandolo con parole lente, dolci, quelle che vorresti aver detto quando sarebbero servite, ma non hai mai saputo come fare.
Sei così convincente che lui si riaddormenta docile e si lascia trasportare nell’angolo in alto a destra, dove riposano le cose incompiute, quelle dolorose, ma anche i ricordi teneri, come lui.
E’ allora che ti senti in salvo, almeno fino al prossimo risveglio.