Una volta mi disse che le sarebbe piaciuto che qualcuno scrivesse di lei, chissà se lo chiederebbe anche oggi con questo odore disarmante che soffoca l’aria. A quei tempi immagino avrebbe voluto che si parlasse della sua frangetta, dei ricci che ora fra i suoi capelli non ci sono più; in seguito probabilmente avrebbe voluto che qualcuno raccontasse della sua infanzia, dei suoi genitori che se ne sono andati; voleva forse si dicesse qualcosa in merito al suo gruppetto,qualcosa sulla sua voce: “Alza un po’ la mia voce” (non la si sente mai abbastanza) rimane continuamente schiacciata sotto il suono della batteria, smorzata dal canto infernale delle sirene, ovattata dal fango che si è portato via tutto…
E così scrivo io di lei oggi, con queste parole qui che escono da sole, senza nemmeno cercarle, senza chiedere con lei se siano le parole “giuste”, perché non sono io a deciderle, sono loro che scelgono di uscire, così come succede anche quando nascono le canzoni: immagino.
Lei, dopo l’arrivo del fango, è rimasta lì: inerme, stanca, molto stanca, piena di rancore, senza mutande, né vestiti, senza più la testa, la regina di cuori se l’era portata via, dopo avergliela fatta tagliare: “Tagliatele la testa”, aveva detto, e lei non aveva avuto scampo! Sono sparite anche le fotografie là sotto e senza testa se ne andranno pure i ricordi: via insieme ai riccioli, lontano, da qualche parte, immersi in uno strano e appannato passato che sta diventando remoto.
Giorni dopo lei si era dimenticata persino di sua madre, solo per qualche momento, che però aveva un peso notevole più di quanto avrebbe pesato dimenticarla per sempre: immagino. Ricordandola aveva espresso il desiderio di essere felice, anche solo un po’, ma era un desiderio sprecato, perché la felicità non si chiede, non si trova, non si compra: la felicità si sceglie e lei non era capace di sceglierla quasi mai, forse perché aveva deciso di amare un uomo col cuore buono e gli occhi tristi…
E immagino che fino ad allora, anche se non sempre felice, lei era convinta di essere nata dalla parte giusta del mondo, in uno di quei posti fatti di rose e di fiori, dove le tragedie non possono capitare. In un posto così perfetto, abituato a restare a guardare il mondo crollare senza essere scalfito; un posto capace di rimanere indifferente alla distruzione di tutto il resto. Un posto persino vicino al mare, ma pure il mare stavolta ha ben pensato di mettersi contro, non voleva più acqua, nemmeno lui abituato com’è ad accettare tutto: bottiglie, cartoni, plastiche e imballaggi… ha smesso di mandare giù e ha iniziato a rigurgitare ogni cosa: lei non se lo aspettava, la protezione civile invece sì, ma non l’aveva spiegata proprio bene bene, forse perché così grossa non la credeva possibile.
Più tardi quella sera immagino lei pensasse che questa volta le sarebbero bastati due chilometri, soltanto due! La direzione non aveva importanza: a destra o a sinistra, più in alto oppure più in basso, perché lo spostamento di soli due chilometri l’avrebbe salvata e anche stavolta non le sarebbe successo niente. Sarebbe rimasta soltanto per qualche ora senza luce, e senza luce non avrebbe nemmeno notato gli “altri”, le vittime, di cui, proprio per colpa di due chilometri, stavolta faceva parte anche lei.
Immagino la rabbia salirle dentro a partire da un attimo dopo, e di più i giorni a seguire, notando visivamente quei due chilometri più in là dove il mondo non era crollato, dove tutto era rimasto uguale e la gente andava avanti dentro la propria vita come nulla fosse, dentro ai propri vestiti, alle proprie scarpe, alle proprie auto che non erano andate distrutte come la sua, come tutto quello che era suo…
Ma poi all’improvviso qualcosa è cambiato.
Ti immagino circondata da gente: arrivano da ogni direzione per aiutarti, per te per voi, quasi troppi, in casa non ci stanno tutti.
Lo sai che avrebbero potuto andare altrove, hai iniziato pure tu a mandarli altrove, ma è stato così bello sapere che tutta quella gente ha scelto di aiutare te e il tuo ragazzo con gli occhi tristi.
Nessuno potrà ridarti quello che hai perso e forse noi che stiamo oltre quei due chilometri non capiremo mai davvero come ti senti, come ti sei sentita, ma vi vogliamo bene e penso che di questo tu ti sia resa conto, non siete soli, non lo sarete mai!