L’alba al Pronto Soccorso è un’alba strana. I contorni sfuocati, le voci sussurrate, un insieme di sensazioni così forti da togliere il fiato eppure incredibilmente attutite.
Come la mia ansia che serpeggia muovendosi cauta lungo i corridoi accompagnata dallo scalpiccio di zoccoli degli infermieri e dalle loro chiacchiere che sembrano quasi far appartenere questo luogo assurdo ad una apparente normalità.
Non è la nostra prima volta, non sarà l’ultima temo.
Cerco di rimanere concentrata sui pensieri belli, su quelli puliti, sulle mie farfalle. Prendo e ripongo il libro che ho portato con me sperando di riuscire a leggere e andarmene lontano per qualche minuto appena.
E poi ti guardo.
Guardo le tue ciabatte nuove che hai voluto indossare, scruto dentro ai tuoi occhi che sembrano ogni giorno più lontani. Hai accumulato così tanta stanchezza e paura che ti senti al sicuro solo quando ti sono vicina.
E poi ti guardo.
E il mio cuore si riempie di tenerezza. Per tutte la attenzioni che non riesco a dedicare a te assorbita come sono dalla mamma, per tutta la vita che pesa sulle tue spalle stanche.
Non posso abbandonarmi alla tenerezza, non posso iniziare a piangere anche qui.
Riprendo il libro, “Una di Luna’’ e mi isolo solo un poco mentre tu chiudi gli occhi. Giusto il tempo per leggere una frase che mi colpisce: ‘Mi sento sempre come se fossi fuori luogo a parte quando sono al lavoro e quando guardo la Luna’. Riconosco me stessa in questa descrizione come dentro a un vestito della giusta taglia, anche se aggiungerei che so di essere nel posto giusto in tutti i momenti che vivo con la mia famiglia.
Cerco di restare isolata aggrappandomi con tutte le forze alla storia.
Non voglio sentire i lamenti degli altri malati. Non voglio guardare bambini tristi o ubriachi che sbraitano.
Non voglio vedere altro sangue oltre a quello che ancora sporca il tuo pigiama.
Vorrei solo tornare a letto e dormire.
E poi ti guardo.
Sei così indifeso e spaventato. E se io sono qui è anche perché dovrei darti coraggio. Ma io non lo so se ne ho ancora così tanto di coraggio da distribuire.
‘Sei fortissima’ mi sono sentita dire qualche giorno fa e poi ancora ieri.
Io fortissima, io che non trovo nulla da dirti per farti sentire al sicuro, io che ti lascio commuovere pensando alla mamma e invece di riuscire a spostare i tuoi pensieri altrove piango con te. Io, che vorrei solo essere abbracciata forte per sentirmi dire ‘tranquilla ci sono qui io, andrà tutto bene’.
E poi ti guardo.
Nella mia mente compare improvvisa una foto di me bambina nel mio vestitino bianco in campagna, lo sguardo sereno volto ad un futuro ancora tutto da inventare. Non saprei dire perché l’immagine che mi nasce dentro sia proprio questa, ma so per certo che ogni volta che ho guardato quella foto ho sentito il tuo bene.
E ora di nuovo ti guardo e mi rendo conto che alla fine ci sono sempre solo io a coprire tutto.
E sì, allora forse è vero che in fondo in fondo io sono fortissima.