Dietro agli occhiali da sole

È domenica pomeriggio. Una di quelle domeniche calde, in cui si ha la sensazione che la pelle sia esausta, e abbia quasi voglia di staccarsi dal resto del corpo per correre a casa a cospargersi di crema protettiva da sola, senza il tuo aiuto, per poi tornare indietro al proprio posto, adagiandosi piano, nuovamente, sopra i muscoli e i tessuti. Sono ad una festa con Luca, ci frequentiamo da pochi mesi. La festa si chiama “Musica nelle aie”. Tutti i giardini delle case sono aperti al pubblico, si entra, si prende da bere e si ascolta e si balla la musica di un gruppetto, ogni casa ha un gruppo, ognuno il proprio genere. Non me l’ero mai immaginata una festa così, sembra surreale, fa strano entrare nel giardino di qualcuno senza conoscerlo, senza neanche capire chi sia il proprietario; ma soprattutto mi fa strano pensare che io sia qui con qualcuno diverso da Stefano. Guardo i panni stesi sui fili, le bici parcheggiate, la vita di altri che sembra restare sospesa, mentre noi entriamo a guardare, senza neanche presentarci. In questo giardino stanno suonando una pizzica, la gente saltella, incurante del caldo. Sono tutti sereni, noi prendiamo una birra. Luca saluta gente, chiacchiera, sorride, sembra conoscere tutti; io schivo gli sguardi, non saluto, tengo la testa bassa, sembra che io non conosca nessuno. Prendiamo un’altra birra, ci baciamo di nascosto, in mezzo alla gente che ci passa accanto e ci fa da scudo. Ci spostiamo lungo il viale che collega una casa all’altra, c’è una vigna. In mezzo alla vigna altra musica. Suonano un boogie, una coppia di anziani balla. Si muovono veloci come due ragazzini, dentro a quei corpi pieni di grinze. Il mio cervello inizia a pensare a una domenica pomeriggio di qualche anno fa, una come questa, sempre calda e piena di gente serena. Sono al parco con Stefano, siamo seduti su una panchina, guardiamo dei bambini giocare e i cani correre sull’erba. Una coppia di anziani, come quella, ci passa davanti, si tengono per mano; lui la guarda e lei ride, lui le sussurra qualcosa, e lei ride ancora più forte, di gusto. Mi giro verso Stefano e gli dico: “Quelli siamo noi due da vecchi”. Lui, con una faccia sconvolta, mi rimprovera: “Non sono discorsi da fare… come si può stare oggi a pensare alla vecchiaia?”. Quasi schifato mi smonta e si mette a distribuire i miei pezzi ai passanti, vendendoli al kg come fossi roba da mangiare. Torno al presente, mi accorgo che Luca mi sta guardando, gli sorrido, mentre la coppia continua a saltellare, mostrandoci nuovi passi e nuove coreografie. “Monica, bisogna che impari a ballare, perché da vecchi noi dobbiamo essere così”. Le lacrime riempiono i miei occhi dietro agli occhiali da sole. Lui non se ne accorge, ma in questo momento dentro al mio cuore qualcosa sta nascendo e qualcosa invece muore.

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