Non riesco a capire se sei emozionata, preoccupata o semplicemente molto concentrata.
Di norma il tuo stato d’animo è così leggibile per me. Oggi no.
E tu non parli.
Trovo molto strano questo tuo silenzio, così decido di interromperlo immediatamente.
“Secondo me questa è una zona pedonale, io non credo che dovremmo trovarci qui”
La luce che sta diminuendo a poco a poco, seppur complice di un tramonto stupendo che potrebbe anche essere la causa della tua emozione (se di emozione si tratta), non aiuta.
Continui a guardare avanti, le mani strette al volante della tua 500 e non sembri cogliere il mio commento fino a quando sei costretta ad ammettere che no, non dovremmo essere qui.
Da dove stiamo tornando? O forse è meglio chiedersi, dove stiamo andando?
Ho le idee confuse e una strana nebbia in testa che sembra avvolgere anche te, che delle due sei invece sempre la più lucida, la più razionale.
Ma stavolta c’è qualcosa che non mi convince.
È come se anche tu ti stessi arrendendo ai miei timori.
“E se non riusciamo a ritrovare la strada?” ti chiedo allarmata.
Non mi rispondi, ma ti illumini, perché improvvisamente trovi il modo di uscire da questa strada pedonale in cui non saremmo mai dovute entrare.
Non c’è tempo di gioirne.
Un canale scorre alla nostra sinistra separandoci dal mare e le ruote hanno incontrato la sabbia.
Il sole è ormai tramontato e ci rendiamo conto di trovarci su una spiaggia.
Non ho il coraggio di guardarti, né di chiederti se tu abbia una vaga idea di quale spiaggia sia.
Mentre le ruote sgommano sul fondo scivoloso, la consapevolezza che stiamo vivendo qualcosa di anomalo sta iniziando ad assalire anche te, che cerchi di rimanere calma per non agitarmi di più.
Lo fai, per proteggermi. Ma io sento tutto sempre. Lo sento di più.
Avverto la tua inquietudine mentre cerchi disperatamente un varco per uscire.
Ma non ci sono varchi, sono scomparsi bagni e cabine. Ci sono solo case.
Una serie stramaledetta di appiccicatissime case.
“Lì, lì, guarda, forse la tua macchina riesce a passare”, ti urlo concitata.
Ci avviciniamo alla strettoia solo per accorgerci che di fronte a noi c’è acqua, tanta.
Se si tratta di una piscina è enorme e, in un ultimo barlume di lucidità penso che non possa esserci mare anche da questo lato.
È buio.
“Prendo la rincorsa, tranquilla, ne usciamo”.
Tu lo sai che ho una fottutissima paura dell’acqua, e anche del buio.
Ci sono poche cose che mi spaventano di più dell’acqua e del buio insieme.
Lo sai, ma sai anche che non c’è altro modo. E io mi fido.
Poi per fortuna, mi sveglio.