Silvia aveva paura di dormire.
Da bambina non voleva mai andare a letto perché vedeva l’uomo nero dappertutto, sotto la scrivania, dietro le tende, accanto alla poltrona.. una notte era talmente convinta di averlo visto nascondersi dietro la porta che aveva supplicato suo padre, per fargliela scardinare e portare altrove! Era rimasta tante notti senza porta e le sembrava che le cose andassero meglio, ma l’uomo nero tornava e le accarezzava il viso, le si sedeva sulla pancia, le faceva il solletico sotto ai piedi e lei non dormiva, oppure dormiva veramente poco; così suo padre decise di rimettere la porta: la sua assenza non serviva!
Silvia piangeva, odiava la notte, odiava le dieci perché quello era l’orario che la costringeva a letto; ogni tanto, per non sentirla piangere, i genitori la mettevano nel matrimoniale con loro. Silvia adorava quelle notti, lì l’uomo nero non poteva toccarla, le sue gambe erano corte e i genitori la proteggevano bene, da ogni lato del letto!
Durante altre notti invece Silvia provava a resistere, cercava di non dormire e di non piangere, pensava alle cose belle, ai suoi giocattoli, agli amici dell’asilo, pensava ai genitori che l’amavano, però quell’uomo appariva e rovinava tutti i pensieri buoni.
A volte era talmente stanca da non poter fare a meno di addormentarsi subito, appena toccato il cuscino, ma l’uomo nero la svegliava, la tirava giù dal letto prendendola per i piedi!! Silvia correva dai genitori che passavano tanti minuti alla ricerca di quest’ombra nera che lei pensava fosse un uomo, ma non riuscivano mai a trovarla, mai a vederla!! Una volta sua madre c’era quasi riuscita, era entrata nella camera di Silvia poco dopo averle dato la buona notte, per sistemare i panni appena stirati nella sua stanza. Aveva trovato la figlia con gli occhi impauriti, sbarrati e si era fatta distrarre, non era riuscita a vedere quello che a Silvia sarebbe importato lei vedesse.
Gli anni passavano e Silvia cresceva.
Dormiva poco, circondata da pupazzi che si era fatta comprare, riempiva di questi tutto il letto nella speranza di potersi nascondere e che, grazie ad essi, l’uomo nero non la vedesse; e ogni tanto funzionava. La maggior parte delle volte però questo non serviva e lui la vedeva e la svegliava, la spingeva, la tirava.. Oramai non era più al sicuro nemmeno nel lettone, tra i genitori! Le sue gambe stavano diventando abbastanza lunghe e, già dalla seconda elementare, l’uomo nero riusciva a prenderla anche da lì!
Finalmente un giorno accadde il miracolo! Nacque Simona e, con una sorella che dormiva con Silvia nella stessa stanza, sparì l’uomo nero e con lui ogni notte piena di paure e di ansia!
Tutti dicevano a Silvia di amare Simona, di non essere gelosa, di proteggerla! Silvia non capiva il senso di questo insegnamento, lei Amava già la sorella con tutto il cuore, l’aveva salvata dalle ombre e finalmente poteva dormire!
Silvia ora adorava la notte.
La paura era passata e così poteva accorgersi di cose che fino a ieri non aveva notato! Le piaceva il silenzio, non se ne era mai accorta, le piaceva il colore del cielo di quel blu scuro che non aveva mai visto davvero e le piaceva ascoltare il respiro di Simona che cambiava di ritmo non appena la piccola si addormentava.
Gli anni erano trascorsi e Silvia non pensava mai all’uomo nero, i genitori credevano che l’avesse dimenticato e probabilmente era vero! Erano contenti, finalmente le loro notti erano serene, le loro figlie felici e la loro casa senza pianti!
A sedici anni Silvia andò per la prima volta a ballare. Era un sabato sera dei primi giorni di settembre e la luna era alta nel cielo!
Silvia era stanca quella sera, dopo un’intera giornata passata al mare, ma non aveva potuto rinunciare alla disco, visto che si trattava della festa più importante della stagione. Verso le due del mattino a Silvia era improvvisamente venuto freddo e aveva chiesto all’amica più grande le chiavi della macchina per poter prendere la giacca e subito rientrare nel locale. Quando fu vicina all’auto però, con le palpebre pesanti e la brezza di fine estate sul viso, iniziò a pensare che, se avesse dormito anche soltanto dieci minuti, nessuno se ne sarebbe accorto e lei si sarebbe sicuramente sentita meglio. Così aprì l’auto e si distese sul sedile posteriore, chiuse la macchina per essere al sicuro e mise la sveglia nel cellulare dieci minuti dopo, come aveva deciso.
Avevano ragione i genitori di Silvia, lei aveva dimenticato sul serio l’uomo nero, quella sera lui si fece avanti per farsi ricordare! Silvia di corsa scappò dall’auto, senza nemmeno prendere la giacca per cui aveva fatto tanta strada. Quella notte, a casa con le amiche, Silvia non riuscì a dormire. L’uomo nero però non si fece più vedere e, ritornata a casa il giorno dopo, decise di non raccontare ai genitori quello che le era successo.
Passarono gli anni e Silvia si laureò.
Da quella sera non aveva più visto l’uomo nero e, forse, anche questa volta si era dimenticata di lui.
Aveva deciso di andare a vivere da sola, in un piccolo appartamentino in centro, dove le chiedevano un affitto davvero basso. Suo padre l’aiutò con il trasloco, sua madre le cucì le tende e le comprò la biancheria per la casa e la sua migliore amica scelse con lei la tv, lo stereo e la tavola per il salotto. Era un trilocale di buone dimensioni, al terzo piano con ascensore e cinque vicini interessanti: una signora con un gatto (che secondo Silvia non poteva mancare), tre coppie all’apparenza felici, (un paio con figli, la terza con un cane “che non abbaia: non ti preoccupare”) e un gruppetto di universitari al piano terra “che anche se facessero rumore da quassù non li potrai sentire”!
Era felice Silvia e, durante la sua prima notte a casa, invitò le amiche più intime sistemandone due sul divano e una nel lettone insieme a lei; parlarono fino all’alba di ragazzi, di progetti e di desideri da avverare. Silvia non pensava all’uomo nero, probabilmente, in fondo al cuore, credeva che con le donne quest’ultimo non volesse avere nulla a che fare, probabilmente in fondo al cuore, desiderava fosse stato soltanto un incubo che aveva avuto da bambina e che, lì nella sua infanzia, fosse restato.
Durante la seconda notte però, nel nuovo appartamento, quando fu per la prima volta sola, sotto le nuove coperte del suo grande lettone, lui tornò fuori e anche stavolta cercò di non farla dormire. Silvia non poteva crederci, si alzò e si spostò in cucina accendendo tutte le luci della casa (lui con la luce si nascondeva). Le tornarono in mente tanti ricordi, tante esperienze, le tornarono in mente tutte le volte in cui da lui era scappata svegliandosi, se già addormentata, oppure di corsa nella stanza dei suoi se ancora in dormiveglia! Cominciò a parlare ad alta voce, chiese all’uomo nero chi fosse, lo supplicò di lasciarla in pace, gli disse che era adulta e che avrebbe dovuto trovarsi un’altra bambina da disturbare! Erano le quattro e quarantanove.
Silvia iniziò a pensare che forse era soltanto troppo stanca e che forse avesse solo avuto un incubo; diede la colpa al giorno prima, alle amiche che le avevano fatto passare la notte in bianco, iniziò a non fidarsi più della sua mente, decise di non crederle, di pensarsi matta.
Tornò a dormire, si stese piano, lasciando la luce del salotto accesa. Si addormentò indisturbata e la notte passò così com’era arrivata.
Per qualche giorno Silvia fece finta di niente e continuò a vivere. Lasciava la luce del salotto accesa e invitava la sorella o le amiche a dormire da lei sempre più spesso. Pensava di proteggersi così, come aveva fatto da bambina. Ogni tanto si sorprendeva a credere che fossero state le sue parole a farlo sparire e che avrebbe dovuto chiedere prima all’uomo nero di lasciarla in pace: probabilmente era bastato questo, non serviva altro.
Un giovedì notte però, mentre dormiva in casa da sola, la luce del salotto si fulminò e l’uomo nero svelto riapparve! Prese Silvia per i piedi e iniziò a tirarla forte! Silvia sentiva le sue mani stringerle le caviglie, era una stretta aggressiva, ma non era dolorosa; mentre rifletteva pensò di non avere poi così paura, ma le venne un brivido che la fece svegliare. Con la gola secca e gli occhi sbarrati si alzò lenta e accese la luce del bagno, in sostituzione di quella fulminata del salotto. Tornò a letto senza fiatare, era la prima volta che non aveva urlato, che non si era realmente spaventata. Distaccata, disinteressata, era rimasta indifferente all’evento!
Un paio di mesi dopo, Silvia decise di spegnere la luce.
Quella notte aveva il cuore che le batteva all’impazzata, era nervosa, agitata, forse un po’ eccitata, non riusciva a dormire con tutta quella carica e tutta quell’emozione. Aspettava l’uomo nero, ma l’uomo nero non comparve, nemmeno per un attimo.
I giorni passavano e le notti con loro. Silvia smise di invitare le amiche e di tenere la luce accesa. L’uomo nero non apparve più. Silvia pensava che forse doveva chiedergli di tornare, se proprio avesse voluto rivederlo; lei non lo vedeva, ma magari era semplicemente nascosto, così come non lo avevano visto i suoi genitori per anni quando lei era bambina.
Qualche mese dopo Silvia conobbe Andrea. Un ragazzo simpatico e un po’ cicciottello; Silvia non aveva mai guardato all’aspetto fisico, a lei non importava! L’aveva conosciuto in ufficio, lei faceva lo stage e lui portava i caffè. Erano usciti un paio di volte, quando lei gli chiese di salire in casa. Si baciarono per qualche minuto sulla porta, lei gli offrì da bere e lui le spostò i capelli dietro all’orecchio come succede sempre nei film. A mezzanotte però lui doveva rientrare, doveva far fare il giro al cane e non c’era nessun altro che lo potesse fare.
Si salutarono distratti con un po’ di amaro in bocca.
Silvia mentre si stendeva nel suo letto non pensava all’uomo nero, pensava ad Andrea e alla voglia che aveva di rivederlo ancora. Spense la luce e chiuse gli occhi, ascoltando in lontananza il rumore del camion dell’immondizia che scaricava i bidoni. Successe in un attimo: le mani dell’uomo nero erano nuovamente su di lei. Silvia per qualche secondo pensò di non reagire, pensò di non opporsi come non aveva mai fatto; poi pensò ad Andrea e si rese conto che era proprio per causa sua, che l’uomo nero era tornato: ora che l’aveva vista con un altro, voleva riprendersela, mettersi in mezzo!
In pochi secondi si scoprì arrabbiata, furiosa! Si alzò svelta, accese la luce e iniziò ad urlare!!! Chiedeva all’uomo nero chi fosse, gli chiedeva di farsi vedere, gli chiedeva perché non fosse tornato quando lei l’aspettava.. pianse, come piangono spesso le donne, senza nemmeno capire il perché, senza senso!
Il giorno dopo in ufficio vide Andrea e lo trovò piuttosto triste e anonimo.
Si ritrovò a pensare che era soltanto uno sconosciuto e che, forse, avrebbe dovuto dare un’occasione a quell’uomo nero che era al suo fianco da tutta la vita di cui lei aveva memoria. Le uscì un sorriso perché finalmente aveva capito cosa volesse davvero!!
Venne la sera e Andrea la invitò per una pizza; lei declinò l’invito velocemente, proponendo a lui una serata della settimana dopo, tenendosi abbastanza tempo per pensare. Quella notte, andando a dormire, si ricordò delle urla fatte la sera prima contro l’uomo nero ed ebbe paura che, per colpa delle sue parole, lui non sarebbe tornato. In casa c’era una luce strana, vibrante, Silvia si sedette sul letto e, poco prima di spegnerla, sentì un rumore forte e la luce della sua stanza si fulminò.
Silvia si distese piano senza fiatare. Si mise addosso la coperta ascoltando il battito forte del proprio cuore, si pensò troppo nervosa: non sarebbe riuscita a dormire! Verso le tre però il suo cuore rallentò e, mentre Silvia stava per addormentarsi, delusa e amareggiata, l’uomo nero apparì!
La prese anche stavolta per i piedi e Silvia non si oppose: si lasciò tirare. Non aveva più paura e si lasciò andare! Lui la prese e la strinse a se e a lei parve di abbracciarlo a sua volta, ma si rendeva conto stranamente che le sue braccia erano ancora stese lungo i suoi fianchi. L’uomo nero l’avvolse, iniziarono a fare l’amore piano, lentamente e a lei parve di iniziare a vibrare, a sollevarsi. Silvia tremava, ma questa volta non era per la paura, tremava di piacere e, mentre i secondi passavano, si accorgeva di amare quest’uomo e di averlo desiderato davvero.
Silvia improvvisamente si sentiva in colpa per tutte le volte che, vedendolo, aveva iniziato a gridare, per tutte le volte che al suo tocco era scappata senza guardare.. si sentì cupa, si rabbuiò, iniziò a pensare che, forse, prima di amarsi, avrebbero dovuto parlare, avrebbe dovuto chiedergli scusa. Provò a svegliarsi, ma non ci riuscì; provò a staccarsi dall’uomo nero, ma ormai faceva parte di lui; girò il suo viso di scatto e vide se stessa giù in basso, ancora distesa sul letto! Silvia iniziò a chiamare il proprio nome: “Silvia svegliati” cominciò a dire, ma dalla sua bocca non uscivano più le parole e quando il suo corpo esalò l’ultimo respiro, il viso di Silvia si distese facendo un piccolo sorriso: finalmente aveva capito chi fosse l’uomo nero, ma ormai era troppo tardi..
FINE
Robai
4 Novembre 2014 at 9:16 am (10 anni ago)Finalmente pubblicato questo emozionante racconto.. davvero bellissimo.
Continuate cosí ragazze!!