Sogno di inventare per te un pensiero felice, uno di quelli capaci di farti venire voglia di “metterti le scarpe e uscire un pochino nel mondo”. Sogno di trovare la frase giusta per farti rinascere dentro un piccolo desiderio di vita, non pretendo tanto, mi basterebbe veder risorgere una minima traccia dell’uomo che viveva in te, tanto tempo fa. Continuo a fare questo sforzo perché le frasi con cui mi accogli ogni giorno mi stritolano l’anima. Te ne vuoi andare, sei stanco e vorresti che accadesse in fretta.
Io ti ascolto e cerco di farti sorridere e insisto nel farlo anche se le tue parole mi logorano dentro. Guardo la tua figura fragile muoversi su passi sempre più incerti. Sei desideroso di una fine che però ti spaventa da morire e ti capisco, credimi. Deve essere ben difficile starsene a guardare i giorni che passano fra mille lamenti e dolori, senza avere più nulla da sperare o sogni da inseguire.
Ti ricordo che sei diventato bisnonno e per un attimo ti illumini.
Poi dimentichi il nome del cucciolo di casa, mi chiedi se è maschio o femmina e tutto ricomincia da capo. Sono io il tuo sollievo e tu ti senti al sicuro unicamente se ti sono accanto e da un lato ciò mi riempie di dolcezza ma è un lavoro pesante babbo, perché tu non riesci più a renderti conto di quanto io sia permeabile ad ogni dolore e ad ogni emozione. E il tuo dolore sta attraversando lentamente ma in maniera inesorabile anche me.
Quando dimentichi il nome della mamma e anche il mio vorrei mettermi ad urlare.
Non anche tu, non di nuovo, non so se riuscirei a sopportarlo.
Vorrei tanto che tu riuscissi a capirlo che non mi stai facendo del bene attribuendomi questo ruolo di tua ancora di salvezza, ma capisco che non posso pretenderlo.
Ci sei tu e ci sono io.
E’ sempre stato così.
Allora trattengo l’urlo che tenta di esplodermi dentro ogni giorno e ingoio le lacrime per non farmi accorgere da te tutte le volte in cui mi ripeti “sa putes turne’ indre’”. Faresti tante cose, le faresti meglio. Probabilmente proveresti ad essere un marito più attento e premuroso per la mamma, che avrebbe avuto bisogno di tanto e alla fine non ha poi avuto molto.
Io mi limito a guardarti e ti ripeto piano di non pensarci più, non si può tornare indietro e ripartire da capo per correggere la strada. Ognuno ha fatto il meglio che poteva, spero me compresa, che di errori so per certo di averne commessi tanti.
Allora continuo a guardarti, ascolto le tue frasi a metà cercando di anticiparti con le parole che non ti arrivano e tentando di dare un senso alle tue storie sconclusionate in cui collochi personaggi improbabili che a tuo dire io dovrei conoscere. Ti mancano i nomi, ti innervosisci e borbotti. Avverto il tuo malessere e lo assorbo sperando di riuscire a trasformarlo in un amore potente da restituire a te. Vorrei io stessa diventare amore, solo questo. E mentre lo penso ti prometto che uno di questi giorni visiterò con occhi attenti quella città che voglio credere sia stata capace di conservare per tutti questi anni le tracce di voi.
Voglio provare ad immaginare te le la mamma che scendete giovani e spaventati dal treno, nel primo e unico vostro viaggio nel mondo. Belli e innamorati come accade nelle favole, prima che la vita ci mettesse tutto il suo impegno per stropicciarvi. Chiuderò gli occhi e cercherò di seguire i vostri passi che camminavano verso un futuro che era ancora tutto da disegnare, un futuro in cui io non c’ero ed ogni sogno poteva ancora sperare di essere realizzato.
La vita scorre come un respiro babbo, ma te lo prometto, io camminerò cercando voi e questo sarà il mio modo di farti tornare indietro.